La magia di una promessa mantenuta

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Metti un venerdì pomeriggio di fine agosto, metti l’amica di una vita intera, aggiungici cinque figli scatenati. Il risultato? Una delle più belle serate di questa estate.
Andiamo con calma, però.
Nove anni fa, proprio nel mese di agosto, per motivi che non sto qui a ricordare, perché non giustificherebbero comunque la cosa, avevo deciso di lasciarmi andare. E così i giorni scorrevano senza che io mi preoccupassi di viverli, mi limitavo a cancellarli con un pennarello nero dal calendario. Chissà perché questa cosa del giorno in meno avrebbe dovuto sollevarmi?
Lei era lì al mio fianco. Sempre, come lo è stata da tutta la mia vita. Non mi giudicava né mi compativa. Mi guardava e basta mentre soffrivo di un male mostruoso che mi divorava dall’interno.
Fortuna vuole che io sia nata proprio nel mese dell’anno che meno preferisco: agosto.
Quell’agosto, quello di nove anni fa, compivo trent’anni e si sa che quelli con lo zero portano sempre una crisi. Figuriamoci poi se la crisi già ce l’hai da mesi, il giorno dei fatidici trenta, quel giorno che dai venticinque in poi ti è sembrato sempre più vicino, che hai temuto e che hai esorcizzato pensando che ti saresti ubriacata e avresti ballato scalza sopra un tavolo, ecco, quel giorno arriva e ti trova completamente annichilita, con la voglia di avere una macchina del tempo per evitarlo. Che cosa succede quando capita questo?
Succede che quella bella mattina di agosto decidi di non alzarti neppure dal letto, la macchina del tempo non ce l’hai e l’unica cosa per cercare di passare oltre magari è il buio o il sonno.
Succede che la tua amica di tutta la vita ti chiami, come fa, appunto, da tutta la vita. La ringrazi, declini ogni proposta e le dici che l’indomani andrà meglio. Chiudi il telefono e torni a dormire.
Nove anni fa questa ero io.
Capitò, però, qualcosa di magico.
L’amica che non giudicava, non compativa e non deprecava si era veramente stancata di vedermi buttare via i miei giorni senza combattere il mostro.
Così la sera del mio compleanno, sebbene avessi ben chiarito che desideravo rimanere da sola, avvolta nella sicurezza autocompiacente della mia autocommiserazione (tutto da sola per dirla più facile!) accadde un fatto magico: suonò il campanello della mia porta.
Qual era la magia?
La magia era dietro la porta quando andai ad aprire. La mia amica e quello che oggi è suo marito, con un sorriso compiaciuto stampato sulla faccia e pieni di borse e sacchetti, mi si paravano davanti senza che io potessi reclamare:
– Senti, sai che c’è? Oggi è il tuo compleanno e io voglio festeggiare ma tu non sei obbligata. Perciò se vuoi tornatene pure a letto, noi festeggeremo comunque.
Non è una magia questa?
No, infatti non è questa la magia di cui parlavo, questa si chiama amicizia e più che una magia è una fortuna.
La vera magia era nel regalo.
Un pacchetto che conteneva una bella penna con un biglietto:
“Promettimi che la userai per firmare qualunque cosa che sia importante per il tuo futuro. È soltanto una penna, se la accetti, accetterai anche di riprendere in mano la tua vita. V.”
Oggi a Ostia c’era un tramonto da sospendere il fiato, il sole arancione fiammeggiava immenso nel cielo, sembrava quasi che allungando un dito si potesse toccarlo.
I nostri bambini correvano felici nell’isola pedonale. Io e lei sedute una di fronte all’altra con i nostri caffè.
Lei ha sorriso e ha preso il libro posandolo con garbo sul tavolo. Io ho aperto la mia borsa e ho tirato fuori la mia promessa che custodivo da nove anni.
“Avevi detto che avrei dovuto usarla per qualcosa d’importante per la mia vita. Eccomi qui a firmare la copia del primo dei miei libri.”
Questa sì che è magia.
Il sole pian piano si è calato dietro l’orizzonte dipingendo di rosa il cielo e offrendoci la bellissima sensazione che tutto avesse finalmente trovato un ordine e una ragione.

Flavia B.G.