Il giorno prima di lunedì
Abbiamo cantato e applaudito dai balconi.
Abbiamo riempito decine di autocertificazioni per uscire da casa. E quando lo facevamo ci sentivamo come i Blues Brothers, in missione per conto di Dio.
Abbiamo imparato a fare il pane.
E la pizza. E le lasagne. Le torte, i biscotti, quarantaquattro gatti infila per sei col resto di due.
Abbiamo guardato la quarta stagione de La casa di carta.
E altre ottantatré serie. Anche in lingua originale perché non sono state doppiate.
Abbiamo scoperto le videochiamate. E Whatsapp e Skype e Zoom e HouseParty e aspe’ che hai detto? Non mi prende bene! Aspetta che mi ricollego. Oh, oggi il Wi-Fi è lentissimo. Ti sei bloccato. Ah, ecco ora va bene.
Abbiamo sopportato di ritornare in classe alle medie quando speravamo di aver archiviato la faccenda dopo la maturità.
Abbiamo trasformato il salotto in palestra e il tappeto in pedana, sacrificato lampadari e lampade e siamo rimasti delusi quando ci hanno spostato Tokyo al 2021.
Siamo stati virologi, statisti, economisti, scienziati e intellettuali. Soprattutto critici puntuali di un tempo che abbiamo spiato dalle finestre.
Sono passati Pasqua, il 25 aprile, il primo maggio, i compleanni.
Sono passati i giorni in fila per fare la spesa e altri giorni sempre in fila per fare la spesa.
Poi abbiamo riscoperto il valore dei congiunti ma non dei congiuntivi, di quelli no, o si avevano prima della quarantena o questa resta una causa persa.
E infine il lievito, il bene desiderato da tutti e introvabile. Il golden ticket di Willy Wonka. Il boccino d’oro di Harry Potter.
Abbiamo avuto i lunedì, tanti lunedì, che erano come delle domeniche. O dei mercoledì. O dei venerdì. Ma mai dei sabato, perché il sabato era il giorno della pizza in casa. Facebook e Instagram grondanti di teglie ammalianti, croccanti, sugose, napoletane, romane, genovesi.
Ora il lievito è ovunque, montagne di lievito mai viste prima della quarantena.
E domani è di nuovo lunedì.
Lunedì, lunedì.